La prima parola è fragilità. Appena la pronuncio mi vengono i mente i petali di un fiore che abbandonano lo stelo e certe ali di farfalla. Mi vengono in mente le mie ossa disintegrate dal tempo, sempre più sottili e tutta la bellezza in queste ossa piene di storia. La mia, la tua, la nostra, tutta quella di questi anni. La seconda parola è primavera. L’aspetto costantemente, è un vento che ti soffia dentro e ti risveglia da qualsiasi malumore, da qualsiasi goccia di tristezza incontrollata. La primavera è un amore giovanile, il primo amore, non è forte, non è audace, è leggera, dolce, delicata, è una lacrima versata in un mare di amore. La terza parola è malinconia. Vela gli occhi, piega un po’ le ali che si vogliono stendere per brillare. La malinconia sono quelle querce antiche, ruvide, raccontano le storie dell’infanzia, raccontano dei primi baci, delle prime promesse, sono quelle querce da cui si cade tanto spesso. È così questa malinconia e ti viene un po’ da ridere e un po’ da piangere, perché il dolore ti assale, ma allo stesso tempo sei consapevole di tutta la felicità che ti ha innescato quel salto.
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